Il sorriso del giaguaro. Viaggio in Nicaragua by Salman Rushdie

Il sorriso del giaguaro. Viaggio in Nicaragua by Salman Rushdie

autore:Salman Rushdie [Rushdie, Salman]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Travel, Essays & Travelogues
ISBN: 9788811656906
Google: 1eo8AAAACAAJ
editore: Garzanti Libri
pubblicato: 1989-10-15T04:02:23+00:00


9 Sulla calarsi

Sedevo nella veranda della cafeteria ASTC con due giovani scrittori nicaraguensi, Mario Martinez e Donaldo Altamirano, e due scrittori, che erano in visita, dell’Europa orientale: il poeta bulgaro Kalin Donkovy, un uomo grosso, lento e taciturno, e uno dei segretari dell’Unione scrittori sovietici, Vladimir Amlisskij, decisamente molto più affabile. La conversazione non era facile. Le parole di Amlisskij e Donkovy dovevano essere tradotte in spagnolo da un’interprete, e poi rese in inglese, a mio benefìcio, da una seconda intermediaria. Tuttavia, pensai, tanto valeva lanciarsi. «Che notizie ha», domandai, «il compagno Amlisskij sulle voci riguardanti la liberalizzazione della censura in Unione Sovietica?». Lui annuì più volte. «Le cose vanno meglio», disse. «Ora un maggior numero di scrittori e, ciò che è più importante, di editori hanno il coraggio di affrontare argomenti sociali. Io personalmente ho scritto sul tema della delinquenza». Mi parlò anche dei premi che aveva vinto.

Pensai che ciò che diceva era molto probabilmente vero. «Ma», insistetti, «e il Dottor Zivagó? Possiamo aspettarci che venga pubblicato presto?».

«La mia opinione personale», rispose Amlisskij, «è che il romanzo di Boris Pasternak, Dottor Zivago, sia mediocre. Il premio Nobel non gli fu dato per ragioni letterarie».

«Se devo dir la verità, neanch’io ne sono entusiasta», dissi.

«E ne hanno tratto un film assolutamente spaventoso», aggiunse.

«Si», dissi, «ma qualsiasi opinione se ne possa avere, Zivago è diventato un simbolo della censura sovietica e, in ogni caso, non si può seriamente sostenere che Pasternak non fosse scrittore degno del Nobel».

Amlisskij annuì di nuovo, più volte. «Si, penso che probabilmente questo romanzo sarà pubblicato tra poco», disse, come se fosse una questione insignificante. «Alle sue poesie, invece», aggiunse, abbastanza ragionevolmente, «darei tutti i premi del mondo».

E cosa poteva dirmi dì certi altri scrittori? «Si sono fatti molti errori», disse, «ai danni di tanti nostri grandi scrittori: Achmatova, Bulgakov, Pasternak. Per esempio il poeta Gumilèv, il marito dell’Achmatova. Ora sta per uscire un suo volume di versi».

Nessun accenno a Mandelstam, notai; e, oltre tutto, «l’errore» ai danni di Gumilèv era stato quello di giustiziarlo. Mi sembrò una parola decisamente inadeguata.

«Sì», disse Amlisskij, «alcuni errori». Le mie opinioni, evidentemente, erano andate in parte perdute nella traduzione.

«Oggi c’è una strana schizofrenia nella letteratura russa», suggerii. «Quasi tutti gli scrittori famosi fuori dell’Unione Sovietica non sono letti all’interno, e viceversa. Che impressione fa questo a uno scrittore che è rimasto in patria?».

Rispose attaccando gii scrittori dissidenti. Avevano cessato di fare letteratura per diventare scrittori di pamphlet. Erano mediocri.

«Anche se questo fosse vero», dissi, «e non penso che lo sia, almeno se ci riferiamo a Brodskij, Solzenicyn, Sinjavskij e Voinovic — ma anche se fossero vere mediocrità, non sarebbe una buona ragione per metterli al bando. In tutto il mondo, dopo tutto, si pubblicano scrittori di terz’ordine».

«Lasci che le esprima la mia opinione personale su Solzenicyn», disse. «Non mi interessa ciò che scrive adesso. Non ha fatto che peggiorare ed è diventato un personaggio dì estrema destra, molto reaganista, molto illiberale».

Anch’io dissentivo da tante dichiarazioni rese da Solzenicyn dopo il suo



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